Gestire le liste d’attesa per prestazioni sanitarie (cioè visite, esami o ricoveri richiesti dal medico di base) è responsabilità delle Regioni che devono però adeguarsi ad alcune normative nazionali che di seguito citiamo, anticipando che, in caso di eccessivo ritardo del sistema pubblico, il cittadino ha diritto ad ottenere il rimborso della prestazione effettuata privatamente .
In primo luogo, è tuttora vigente il decreto legislativo 124/1998 articolo 3, comma 13, che recita “qualora l’attesa della prestazione richiesta si prolunghi oltre il termine fissato dal direttore generale ai sensi dei commi 10 e 11, l’assistito può chiedere che la prestazione venga resa nell’ambito dell’attività libero-professionale intramuraria, ponendo a carico dell’azienda unità sanitaria locale di appartenenza e dell’azienda unità sanitaria locale nel cui ambito è richiesta la prestazione, in misura eguale, la differenza tra la somma versata a titolo di partecipazione al costo della prestazione e l’effettivo costo di quest’ultima, sulla scorta delle tariffe vigenti. Nel caso l’assistito sia esente dalla predetta partecipazione l’azienda unità sanitaria locale di appartenenza e l’azienda unità sanitaria locale nel cui ambito è richiesta la prestazione corrispondono, in misura eguale, l’intero costo della prestazione.”
Al momento in cui scriviamo (marzo 2024) vige anche il piano Nazionale di Governo delle Liste di Attesa (PNGLA) i cui principi sono reperibili sul sito del Ministero della Salute.
In questo piano si stabiliscono i tempi massimi di attesa per ricoveri e per le prestazioni ambulatoriali (visite specialistiche e esami). I tempi massimi indicati sul citato sito ministeriale vanno, per i ricoveri, da 30 giorni a 12 mesi e, per le altre prestazioni, da 72 ore a 180 giorni in base al grado di urgenza. Ogni Azienda sanitaria, inoltre, deve individuare gli ambiti territoriali in cui erogare la prestazione “nel rispetto del principio di prossimità e raggiungibilità”. Qualora ciò non sia possibile entro i tempi massimi previsti l’Azienda deve mettere in atto “il meccanismo di garanzia di accesso per il cittadino.” Ciò significa che il paziente deve essere messo in grado di “effettuare la prestazione presso un erogatore privato accreditato nel rispetto dei tempi previsti dalla normativa vigente” cioè può rivolgersi alla libera professione intramurale (per intederci le visite private a pagamento nelle strutture pubbliche o accreditate) pagando solo il ticket, se previsto.
Questo diritto è garantito anche dalla “Intesa ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 tra il Governo, le Regioni e Province Autonome di Trento e Bolzano, sul Piano Nazionale di Governo delle Liste d’Attesa per il triennio 2019 – 2021, di cui all’articolo 1, comma 280, della legge 23 dicembre 2005, n. 266”.
Nell’allegato A punto 2 comma 14, infatti, si stabilisce che questi
“percorsi di garanzia/tutela” devono essere attivati dalle regioni, prevedendo la possibilità di effettuare la prestazione in regime di privato accreditato. Inoltre al punto 2 comma 13 si dispone che le strutture sanitarie che hanno in carico pazienti cronici (per esempio diabetici o malti reumatici) devono provvedere anche alla prenotazione delle necessarie prestazioni di controllo.
In parole più semplici, come specifica il sito “La legge per tutti”, il cittadino può domandare che la prestazione venga erogata privatamente dal medico in attività libero professionale in intramoenia, pagando solo il ticket e, quindi, senza alcun costo aggiuntivo oppure può rivolgersi direttamente ad una struttura sanitaria privata, chiedendo successivamente il rimborso delle spese sostenute al netto del ticket.
Poichè la applicazione della legge è compito delle regioni (che, purtroppo, si comportano, in genere, come piccole repubbliche indipendenti) occorre in ogni caso verificare sul sito della propria Regione la specifica procedura. In questa sezione quindi ci limitiamo ad allegare un fac simile della richiesta pubblicato da “Cittadinanza Attiva”.
Per quanto riguarda la Lombardia, le informazioni sono reperibili su questa pagina dove si informa che “Nel caso in cui la struttura a cui si rivolge il cittadino non avesse disponibilità ad erogare la prestazione entro i tempi previsti dalla specifica priorità, il Responsabile Unico Aziendale per i tempi di attesa/referenti CUP aziendali si attiva per individuare altre strutture in grado di offrire la prestazione entro i tempi indicati. Qualora sul territorio dell’ATS non fossero presenti le disponibilità richieste, la struttura scelta e tenuta ad erogare la prestazione con oneri a proprio carico chiedendo al cittadino di riconoscere il solo valore relativo al ticket, se non esente.”
Segnaliamo infine che per la provincia di Brescia un concittadino (che abbiamo personalmente conosciuto) si è reso disponibile a aiutare chiunque a risolvere con successo questo genere di problemi scrivendo a comeevitarelefile@gmail.com
Inoltre, la stessa assistenza è fornita a Brescia da Associazione SOS Diritti ODV Sportello Salute contattabile su WhatsApp al numero 351-3714413
Ed ecco un fac simile della richiesta che dovrà però essere confrontato le modalità della propria Regione (ad esempio in Lombardia non esistono più le ASL ).