Cosa non fare

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Qualunque sia il problema che incontriamo nel far valere quelle che riteniamo essere le nostre ragioni ci sono alcuni comportamenti ed atteggiamenti che non aiutano a trovare una soluzione e, anzi, spesso peggiorano le cose. Ne elenchiamo alcuni dei più frequenti.

Confondere la “giustizia” con la “giustezza” cioè con il diritto: no!

“A questo mondo c’è giustizia finalmente!”. Tanto è vero che un uomo sopraffatto da grandi dolori non sa più quello che si dica. ( I Promessi Sposi capitolo III).

Ognuno di noi ha una propria idea di cosa sia giusto e cosa no. A livello collettivo lo stesso vale per comunità religiose, gruppi sociali o organizzazioni politiche. Spesso viene anche naturale pensare che la legge (cioè il diritto) debba coincidere con la giustizia. Ma così non è. E nei cosiddetti Stati di Diritto, così non deve essere.

La “ingiustizia” della presunzione di innocenza

Il caso più evidente è la “presunzione di innocenza” garantita agli accusati fino alla condanna definitiva. Ciò significa che la legge considera una persona colpevole di un reato, per quanto grave, non dal momento che lo ha commesso ma dal momento in cui le prove (e non solo la testimonianza della vittima) consentono di condannarla in via definitiva. In sostanza chi riesce a far sparire le prove non solo la fa franca ma addirittura può denunciare per calunnia i suoi accusatori anche se coincidono con le sue vittime.

Tristemente famoso il caso di Hina Salem, ragazza pakistana di Brescia assassinata dai parenti per aver rivendicato la propria libertà. Quando fu uccisa Hina era imputata per calunnia perché, mal consigliata, aveva denunciato senza prove i familiari che la maltrattavano.

Questi fatti, benchè tristissimi, sono però la conseguenza di un principio di grande civiltà: si condanna solo in base a prove inconfutabili perché si ritiene che sia meno grave che lo Stato rischi di lasciare impunito un colpevole piuttosto che rischiare di imprigionare un innocente.

Innocenti come colombe ma prudenti come serpenti: un buon consiglio

Per le vittime , che non hanno bisogno di prove, non è certamente una buona notizia. E’ però importante tenerne conto specialmente quando ci riferisce a comportamenti, come le molestie o le minacce, che devono essere attivamente documentati.

Agire solo sulla base delle emozioni: no!

Le emozioni, come dice la parola stessa, sono ciò che ci fa muovere e dunque hanno una grande importanza per spingerci all’azione. Ma provengono anche dalla parte più antica del nostro cervello che si è sviluppata in centinaia di migliaia di anni in un ambiente ben diverso dalla civiltà in cui viviamo al massimo da 5 o 6000 anni.

Qualunque sia il problema che vogliamo affrontare quindi, se vogliamo risolverlo nella maniera migliore, la prima cosa da fare non è agire ma 1) raccogliere informazioni 2) decidere, possibilmente a mente fredda, quali sono i nostri obbiettivi 3) riflettere su quali tra questi sono i più importanti 4) decidere, sulla base delle informazioni ottenute, quali strategie vale o non vale la pena di utilizzare per raggiungerli. Ad esempio, se siamo molto arrabbiati con una compagnia telefonica che continua ad importunarci con offerte commerciali nonostante siamo iscritti al registro delle opposizioni, possiamo senz’altro provare ad intentare una causa per molestie documentate per “fargliela pagare”. Tuttavia, considerati tempi e spese, potrebbe essere più conveniente per noi (anche se meno soddisfacente) limitarci a riattaccare o a mandare una lettera al giornale.

Superare i limiti della buona educazione o essere succubi: no!

Nella foresta preistorica da cui proviene la nostra specie di fronte alla minaccia di un altro animale era utile rispondere immediatamente con l’aggressione o con la fuga. Ancora oggi questo ci suggerisce il nostro cervello di fronte al burosauro che ci fa perdere le staffe o al medico che ci risponde in malo modo dopo ore di attesa in Pronto Soccorso o al capo bullo che ci maltratta sul posto di lavoro o al paziente che, alla nostra quindicesima ora di lavoro, ci minaccia perché non siamo disposti a prescrivergli immediatamente un farmaco non indicato.

Tuttavia sia aggredire fisicamente o verbalmente qualcuno sia ritirarci spaventati consentendogli di continuare a violare i nostri diritti non è mai una buona idea: ci fa passare facilmente dalla parte del torto, fa male alla nostra salute, è diseducativo dal punto di vista sociale e di solito non serve a niente o peggiora la situazione.

Ricordare sempre di avere il diritto di fare il nostro dovere ma anche il dovere di esercitare i nostri diritti può aiutarci a trovare, con la calma necessaria, il modo di sostenere efficacemente le nostre buone ragioni evitando atteggiamenti sempre controproducenti